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Crediti dei lavoratori impiegati nell’appalto: la Cassazione torna sul concetto e sul perimetro della responsabilità solidale del Committente

Gli avvocati Valentina Pepe e Benedetto Fratello hanno commentato su Diritto24 la recente sentenza della Corte di Cassazione tornata, lo scorso 10 Gennaio, sul tema dei crediti dei dipendenti dell’appaltatore e dell’eventuale subappaltatore.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 444 del 10 gennaio 2019, è tornata a pronunciarsi in materia di responsabilità solidale del committente negli appalti – ai sensi dell’ art. 29, co. 2, d.lgs. n. 276/2003 – fornendo interessanti indicazione non solo riguardo al perimetro delle pretese creditorie oggetto di responsabilità solidale ma anche in riferimento alla questione processuale della tipologia di litisconsorzio tra committente ed appaltatore.

In relazione alla collocazione temporale della pretesa creditoria del lavoratore (marzo 2011) la Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi con riferimento alla disposizione dell’art. 29, co. 2, d.lgs. n. 276/2003 anteriormente alle modifiche apportate nel 2012 (art. 21, co. 1, D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito con modificazioni in Legge 4 aprile 2012, n. 35 e art. 4, co. 31, lett. a) e b), della Legge 28 giugno 2012, n. 92), che così recitava: “In caso di appalto di opere o di servizi il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti”.

Le statuizioni della Corte di Cassazione, contenute nella sentenza n. 444 del 2019 – seppure afferenti ratione temporis all’art. 29, co. 2, d.lgs. n. 276/2003 ante riforma del 2012 – tuttora offrono una valida e puntuale chiave di lettura dell’art. 29, co. 2, d.lgs. n. 276/2003 anche nella versione attuale, in seguito alle modifiche apportate dall’art. 2, comma 1, del d.l. n. 25 del 2017 conv. L. n. 49 del 2017.

In ordine a detta previsione ratione temporis applicabile, la Corte di Cassazione statuisce nel senso che:

a) la ratio che sorregge la disposizione è quella di incentivare un utilizzo “più virtuoso” del contratto di appalto , inducendo il committente a selezionare “imprenditori affidabili” e a controllarne successivamente l’operato per tutta la durata del rapporto contrattuale;

b il committente presta una garanzia in favore del datore di lavoro ed a vantaggio del lavoratore, adempiendo alla quale assolve ad un’obbligazione propria, istituita ex lege e che “non può ritenersi compresa, nell’area dei debiti garantiti, l’indennità sostitutiva delle ferie non godute” che, pur avendo natura mista (di carattere risarcitorio, compensando un danno derivante dalla mancata fruizione del riposo, e di carattere retributivo, attenendo al sinallagma contrattuale), va esclusa dal concetto di “trattamenti retributivi” da interpretarsi “in senso restrittivo” posto che il committente rimane estraneo alle vicende relative al rapporto tra lavoratore e appaltatore;

c) il litisconsorzio necessario tra committente e appaltatore è stato previsto solo dalla novella del 2012 (“Il committente imprenditore o datore di lavoro è convenuto in giudizio per il pagamento unitamente all’appaltatore e con gli eventuali ulteriori subappaltatori.” – mod. art. 4, co. 31, lettere a) e b), della Legge 28 giugno 2012, n. 92). Invero – prosegue la Corte di Cassazione – nel regime anteriore alla novella del 2012, l’obbligazione del committente, pur avendo carattere accessorio, era di natura puramente solidale (rispetto a quella del debitore principale) e, pertanto, né sussidiaria né eventuale; sicché il dipendente dell’appaltatore poteva rivolgersi “indifferentemente” a uno o all’altro debitore.

Come anticipato, le statuizioni contenute nella sentenza n. 444 del 2019 – seppure afferenti ratione temporis all’art. 29, co. 2, d.lgs. n. 276/2003 ante riforma del 2012 – tuttora costituiscono una valida chiave di lettura dell’art. 29, co. 2, d.lgs. n. 276/2003 anche nella versione attuale, in seguito alle modifiche apportate dall’art. 2, comma 1, del d.l. n. 25 del 2017 conv. L. n. 49 del 2017 che, infatti:

1) ha eliminato il litisconsorzio necessario tra committente e appaltatore, sopprimendo la seguente previsione: “Il committente imprenditore o datore di lavoro è convenuto in giudizio per il pagamento unitamente all’appaltatore e con gli eventuali subappaltatori”;

2) ha eliminato il beneficio di preventiva escussione, sopprimendo anche la seguente disposizione: “il giudice accerta la responsabilità solidale di tutti gli obbligati, ma l’azione esecutiva può essere intentata nei confronti del committente imprenditore o datore di lavoro solo dopo l’infruttuosa escussione del patrimonio dell’appaltatore e degli eventuali subappaltatori”.

In ogni caso, l’esposizione in via solidale del committente – verso i dipendenti dell’appaltatore e dei subappaltatori – resta anche attualmente circoscritta a “i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento”.

In conclusione, le modifiche apportate all’art. 29, co. 2, d.lgs. n. 276/2003 dal Legislatore nel 2017, sono indicative della natura attuale di obbligazione solidale in senso stretto del committente verso i dipendenti dell’appaltatore e del subappaltatore (e non di una garanzia sussidiaria). Ne consegue che il dipendente dell’appaltatore può oggi citare in giudizio solo il committente ed agire direttamente ed immediatamente sul suo patrimonio. Il committente, a sua volta, può vedersi rigettata la domanda di chiamata in causa dell’Appaltatore, ferma restando l’esperibilità dell’azione di regresso. Ciò con evidenti conseguenze pregiudizievoli in capo al committente che – non possedendo, di norma, elementi conoscitivi circa le effettive modalità di svolgimento del rapporto di lavoro tra appaltatore e lavoratore – non è posto in condizione di svolgere specifiche difese rispetto alle rivendicazioni di lavoratori.

Da ciò, pertanto, l’esigenza tanto più attuale che il committente colga l’essenzialità di un utilizzo “più virtuoso” del contratto di appalto, selezionando “imprenditori affidabili” – la cui affidabilità sia documentabile – ed implementando cautele, obblighi di rendiconto, verifiche e garanzie patrimoniali, a carico dell’appaltatore, allo scopo di circoscrivere al minimo il rischio di esposizione alle eventuali rivendicazioni dei dipendenti dell’appaltatore e degli eventuali subappaltatori.

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