Contrattazione collettiva: recesso verbale? Si può fare – Diritto 24

Commento a cura dell’avv. Valentina Pepe per Diritto 24
Con la Sentenza n. 2600 dello scorso 2 febbraio 2018, la Suprema Corte di Cassazione ha enunciato un importante principio in tema di “liberta della forma” degli accordi collettivi e degli atti connessivi, compreso il recesso unilaterale di una delle parti contraenti.

La Sentenza in esame – che ribalta le precedenti pronunce del Tribunale e dalla Corte d’Appello – trae origine dalla disdetta datoriale della contrattazione integrativa in essere in azienda, contrattazione che vedeva come controparti sindacali, per il dimensionamento dell’impresa datrice di lavoro, le OO.SS. Nazionali.

Il Contratto in questione – fonte di erogazione di vari emolumenti, alcuni a favore dell’intero personale, altri destinati ad alcune categorie di dipendenti – prevedeva un termine di originaria scadenza con conseguente tacito rinnovo di anno in anno, una volta superato, salva la possibilità di disdetta delle parti da comunicarsi entro il 31 gennaio di ciascun anno.

La Società, poco prima della scadenza del termine originario, comunicava quindi disdetta contrattuale alle controparti dapprima verbalmente, in una riunione tenutasi con le organizzazioni sindacali firmatarie dell’accordo il 27 gennaio e, successivamente, per iscritto con lettera del 29 gennaio pervenuta, però, ad una delle parti stipulanti oltre il termine contrattuale del 31 gennaio.
Alcuni lavoratori ricorrevano giudizialmente eccependo, oltre all’irriducibilità degli emolumenti di fonte collettiva, la tardività della disdetta scritta comunicata dall’azienda, domandando il pagamento di tutte le poste disciplinate dalla contrattazione integrativa aziendale, in quanto non tempestivamente disdettata.

Tanto il Tribunale che la Corte d’Appello accoglievano le richieste dei lavoratori, disattendendo quindi le domande ed istanze testimoniali della società volte a dimostrate l’avvenuta tempestiva disdetta verbale operata in occasione dell’incontro tenutosi il 27 gennaio e ciò in ragione della ritenuta inefficacia di qualsivoglia disdetta degli accordi collettivi manifestata in forma orale e non in forma scritta.

La Suprema Corte, aderendo ai motivi di ricorso articolati dalla società datrice di lavoro, ha riconosciuto l’applicabilità al contratto collettivo del consolidato principio generale della “libertà della forma”, in base al quale le norme che prescrivono forme peculiari per determinati contratti o atti unilaterali sono di stretta interpretazione, ossia insuscettibili di applicazione analogica.
Da ciò discende – ha sentenziato la Corte di Cassazione nella sentenza in esame – che i contratti collettivi ben possono concludersi anche verbalmente o per fatti concludenti e che tale libertà della forma dell’accordo concerne anche i negozi connessivi, come il recesso unilaterale ex art. 1373, comma 2, c.c.. Unico limite a tale libertà della forma – aggiunge la Suprema Corte – è la sussistenza di una eventuale diversa pattuizione scritta precedentemente raggiunta ai sensi dell’art. 1352 c.c. dalle medesime parti stipulanti.

La Sentenza in commento interviene quindi sul delicato tema della contrattazione collettiva ribadendo che gli accordi sindacali rivestono la natura di contratti di diritto comune e che – stante la centralità del principio della forma libera, come regola, e di forma vincolata, come eccezione – esigenze di tipo funzionalistico che consigliano l’adozione di un testo scritto, non possono avere l’effetto di imporre la forma scritta alle parti contraenti in difetto di una sanzione a pena di nullità prevista dalla legge o dall’autonomia privata.

E’ altresì interessante rilevare come nel contenzioso sotteso alla pronuncia in commento i giudici di merito abbiano disatteso le eccezioni dei lavoratori volte a sostenere l’irriducibilità degli emolumenti e premi previsti dalla contrattazione aziendale, tema assai attuale ed oggetto di dibattito giurisprudenziale (sul punto, si segnala l’interessante pronuncia del Tribunale di Torino del 29 maggio 2017, est. Mollo, che ha riconosciuto come la disdetta della contrattazione collettiva produce effetto anche relativamente alle norme collettive che attribuiscono premi ed emolumenti ai lavoratori, non andando ad incidere su diritti quesiti e non potendosi sostenere che l’accordo collettivo che prevede premi/emolumenti abbia effetto sostitutivo rispetto alle previsioni dei singoli contratti individuali).

In conclusione, la Sentenza in esame appare di particolare interesse in quanto estende il principio della libertà della forma dell’accordo anche ai negozi connessivi e quindi, come nel caso di specie, alla comunicazione di disdetta che impedisce il rinnovo automatico dello stesso accordo.